Sulla scorta delle capitali riflessioni di Milton Erickson, Rogers, Maslow e Frankl, ho maturato una visione di fondo dell’uomo e del suo abitare il mondo improntata alla ricerca del senso, inteso come autorealizzazione dinamica, progettazione sempre aperta all’esistenza, al suo continuo rinnovarsi.
Se il senso è ciò che orienta l’uomo nel mondo, il suo smarrimento comporta, di conseguenza, una profonda amputazione del suo essere . Da qui, l’aprirsi della scena umana al psicoterapeuta che, nel segno dell’empatia, del riconoscimento del volto sofferente, della sua accettazione incondizionata, si offre al paziente per riorientarlo a recuperare il discorso di senso e sostenerlo nella risignificazione dell’esistenza.
Là ove il passato appare come irredimibile, il presente senza narrazione e senza storia, il futuro come impossibilità progettuale, il senso non si radica e l’umano perde la sua vitale consistenza.
Dunque, la psicoterapia deve configurarsi come arte della cura, accoglienza del senso, custodia dell’irripetibile fragilità di cui siamo impastati.
Con i superbi versi di M. Gualtieri:
Chi ci guarderà come si guarda
Il bambino che dorme
Chi ci chiamerà per nome
con una tenerezza che trasforma
Chi raschierà via il nostro umano
e ci farà di brace che splende
Chi ci sveglierà fra miriadi
di stelle, slargati in tutti i poteri.
Chi ci darà istruzioni nuove
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