L’approccio psicologico alla religione e al fanatismo religioso non può che transitare dalle riflessioni, soprattutto di area umanistico-esistenziale, sui bisogni dell’individuo. Per molti autori infatti, il bisogno di trascendenza, che comprende tra l’altro anche l’aspetto religioso, è in assoluto il più elevato. Non a caso Maslow [1987] ha sostenuto che, dopo aver soddisfatto tutti i bisogni primari, è possibile giungere alla trascendenza, virtuale ultimo gradino della piramide. Per trascendenza intendiamo la tensione, la tendenza, ad andare al di là di se stessi, per raggiungere una realtà di più vasta portata, sia essa cosmica o divina. Più esplicito sull’argomento ci appare Frankl che sottolinea l’importanza di responsabilità verso il mondo per arrivare ad ottenere significato e senso nell’esistenza: “[…] Nella psicoterapia perciò non abbiamo voluto porre la domanda: “Per che cosa si è responsabili?”, quanto piuttosto la domanda: “Dinanzi a che cosa siamo responsabili?”. Il paziente resta libero di decidere come interpretare il suo essere-responsabile: se cioè prospettarlo dinanzi alla società, dinanzi all’umanità, dinanzi alla propria coscienza. Egli comunque può andare anche più in là e non vedere solo qualcosa, ma qualcuno dinanzi a cui essere responsabile. Questo qualcuno è la divinità, è Dio.”
La ricerca psicologica ha identificato molti metodi con i quali le persone tendono a razionalizzare e a difendere i loro punti di vista sul mondo. Queste credenze rientrano a pieno titolo in principi psicologico motivazionali. Infatti, mentre gli individui sono influenzati dagli altri e si costruiscono, in questo contesto, la propria realtà personale, dirigono pensieri, emozioni e comportamenti verso tre obiettivi: 1) acquisire padronanza, cioè cercare di capire e prevedere gli eventi del mondo; 2) ricercare l’affiliazione, cioè ottenere sostegno, simpatia e accettazione da parte delle persone e dei gruppi che sono importanti per loro; 3) valorizzare “il mio”, cioè cercare di mettere in buona luce gruppi/persone vicini agli individui [cfr. Smith et al, 2015].
Con norma sociale intendiamo un modo, cioè una rappresentazione cognitiva, largamente accettato di pensare, sentire e comportarsi su cui gli appartenenti del gruppi concordano, considerandolo, intimamente o meno, giusto e appropriato. A tal proposito alcuni studi, nella prospettiva teorica del Big Five, [Gebauer et al, 2014; John, 1999, Bègue, 2014] hanno evidenziato come il tratto coscienziosità (che descrive individui perseveranti, determinati, esigenti e sicuri rispetto al mondo esterno) incoraggi l’aderenza all’aspettativa sociale e al mantenimento dei comportamenti entro norme sociali condivise. Anche i tratti Amabilità (qualità degli orientamenti interpersonali) e apertura (ricerca proattiva, tolleranza al piacere e capacità di esplorare l’ignoto o il nuovo) paiono essere correlati alla capacità dell’individuo di accettare (o meno) l’interazione con la norma sociale nell’in-group. Ovviamente, per incisività all’interno della triade comportamenti-cognizioni-affetti, la religione rientra tra le norme sociali più pervasive. A conferma di ciò, interessanti studi [Todd, 2014] hanno mostrato come la dimensione religiosa sia predittiva, in differenti gruppi etnici e razziali, di una buona qualità della vita in termini di salute mentale: promuoverebbe resilienza e coinvolgimento sociale, correlando negativamente, tra l’altro, con l’insorgenza di depressioni [Brodsky, 2000].
E’stato fatto notare [Augustyn et al, 2016] come la figura divina possa essere assimilata a quella “base sicura” teorizzata da Bowlby [1988], cioè figura di attaccamento in cui cercare sicurezza e protezione nei momenti in cui l’esplorazione del mondo risulta difficile o problematica. In questo senso la condivisione religiosa è anche un clima relazionale, simile all’attaccamento, in cui apprendere risposte emotive e comportamentali.
Si evince dunque come l’aspetto religioso, ancor più se fanatico, sia decisamente preponderante nelle dinamiche psichiche umane. Quando si parla di mutilazioni genitali, per esempio, sono spesso citate alcune ragioni in virtu’ delle quali vengono eseguiti questi riti: a) psicosessuali (legati alla diminuzione o all’annullamento del desiderio sessuale femminile; b) sociologiche (affiliazione, identità culturale, riti di iniziazione); c) igieniche e estetiche: d) false credenze (aumentare la sessualità, ridurre la mortalità infantile); e) religiose [Akinsulure-Smith et al, 2016]. Comunque si leggano queste categorie di giustificazioni, esse fanno riferimento a norme sociali implicite o esplicite e come tali, rientrano inderogabilmente nelle motivazioni difficili da eradicare. Poiché una norma, intimamente condivisa o meno, assegna all’individuo che la rispetta maggiori ricompense e benefici, riducendo al minimo i costi e le sanzioni entro il contesto del proprio gruppo di appartenenza.
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Smith E., Mackie D., Claypool H. Social Psychology. Taylor&Francis, NY, 2015.
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Bègue, L., Beauvois, J.-L., Courbet, D., Oberlé, D., Lepage, J., & Duke, A. A. (2014). Personality predicts obedience in a Milgram paradigm. Journal of Personality, 83, 3, 299-306, 2015.
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